"Tipote anthropo, tipote lòghia, Nessun uomo, nessuna parola"

Lingua e poesia di un'antica cultura da salvare
Il greco di Calabria che ancora oggi resiste sull'Aspromonte Meridionale è stato, potremmo dire nell'ultimo millennio, una lingua essenzialmente orale. Sicuramente un uso circoscritto al mondo subalterno contadino e pastorale ne ha limitato la versatilità ed il vocabolario. Dalla caduta del Tema tis Calavrias al XX secolo non si può, verosimilmente, affermare che sia esistita una tradizione storica scritta del greco di Calabria a parte alcune rilevanti ma isolate eccezioni come quella di Antonio De Marco del 1600, "scoperta" in tempi recenti dal prof Mosino. Fra il XIX ed il XX secolo la lingua ha ripreso ad essere anche tra/scritta ma utilizzando caratteri latini data la collocazione della minoranza in area italiana. Tutti questi sono problemi naturalmente da categorie sociali alfabetizzate e che l'area rurale ellenofona, di cultura orale, non si è posta per secoli. Certo, il riaccendersi in tempi recenti, di rapporti culturali con la madrepatria linguistica se da una parte ha incoraggiato la resistenza dei greci di Calabria dall'altra ha in ogni caso posto il problema della comunicazione e, conseguentemente, dell'alfabeto.
Di fronte ad una lingua fortemente in crisi si pongono alcuni importanti problemi di scenario anche in virtù della recentissima (e forse un po' tardiva) legge di tutela delle minoranze linguistiche italiane.
Si riuscirà ad insegnare il greco di Calabria nelle scuole? Ed accanto ad esso bisognerà insegnare anche il greco moderno per dare una prospettiva più ampia alle antiche radici? Sono due domande fondamentali e di difficile risposta ma che contengono alcune delle prospettive di salvezza per la lingua. Tutte le altre riguardano il mondo economico. Senza alcuna prospettiva di sviluppo sostenibile per le aree interne esse saranno oggetto di definitivo svuotamento: tipote anthropo, tipote lòghia (nessun uomo, nessuna parola).

Dalla poesìa contadina ad una nuova voce ellenofona
Un mondo contadino e pastorale legato ad una cultura trasmessa oralmente non ha potuto lasciare molte testimonianze scritte. Essenzialmente le voci ellenofone sono state più trascritte che scritte. Come il caso dei folcloristi italiani "a caccia" di canti popolari anche fra i greci di Calabria nel XIX secolo. Nel XX secolo, la diffusione dell'alfabetizzazione ha fatto sì che alcuni poeti del mondo contadino abbiano in qualche modo potuto lasciare una traccia della loro voce. Senza dubbio si tratta di testi inconfondibilmente legati ad una matrice "orale", a ciò che anche in area ellenofona si definiva il puesiare ciò il creare estemporaneamente, a braccio forme poetiche secondo i canoni tradizionali. Questa traccia pastorale e contadina si legge grossomodo nelle voci più importanti della poesia tradizionale grecanica: Bruno Casile, Mastr'Angelo Maesano, gli stessi fratelli Siviglia. Diverso il caso di Salvino Nucera. Per quanto anch'egli provenga da un mondo profondamente popolare si tratta di un autore che ha avuto l'opportunità di compiere studi letterari e di eleborare un proprio percorso in un ambito direttamente "scritto". Di natura senz'altro letteraria, a tratti intellettuale (nel senso migliore del termine) è l'esperienza di questo scrittore che rappresenta oggi, fuori dal panorama del puesiare contadino, la voce più alta della scrittura in grecanico.

Poeti greco-calabri del '900

Bruno Casile (Bova 1923 - 1998)
Bruno Casile deve parte della sua notorietà alla "scoperta" della sua poesia "contadina" ad opera di Pasolini. Era un uomo schivo tanto da parere scontroso. In realtà la sua riservatezza montanara legata ad un modo viscerale di vivere i luoghi e la terra di appartenenza si trovano alla radice delle sua esperienza di poeta popolare. Nei versi che seguono l'esaltazione sentimentale di un semplice cosmo rurale profondamente amato bene riflettono la figura di Casile.

I manamu mu gapai
mu gapai, mu gapai

jatì an da pediati
egò imme i protinì
O ciùrimu mu gapai,

mu gapai, mu gapai
jatì egò sto spiti
canno panda ticandì
O pappùmmu mu gapai

mu gapai, mu gapai
jatì tu ferro panda
mmia llampa zze crasì
I pudda mu gapai
mu gapai, mu gapai,
jatì catha mera
egò ti ddonno to faghì
I scidda mu gapai
mu gapai, mu gapai
jatì otu o cosmo
tis tin ècame ti zzichì
I gadara mu gapai,
mu gapai, mu gapai,
jatì ti donno ja na fai
catha mera pleo poddì.
Mia mamma mi ama
mi ama, mi ama
perché dei suoi bambi
io sono la più grande
Mio padre mi ama
mi ama, mi ama
perché in casa
faccio sempre qualcosa
Mio nonno mi ama
mi ama, mi ama
perché gli porto sempre
un bicchiere di vino
La gallina mi ama
mi ama, mi ama
perché ogni giorno
le do da mangiare
La cagna mi ama
mi ama, mi ama
perché così il mondo
ha creato il suo animo
L'asina mi ama,
mi ama, mi ama
perché le do da mangiare
ogni giorno di più.

Mastr'Angelo Maesano (Roghudi Vecchio 1915 - Roghudi Nuovo 2000)
Splendido, carismatico personaggio di emblematica saggezza antica, Mastr'Angelo Maesano ha saputo spesso coniugare la limpida semplicità dei suoi versi ad un vissuto tante volte drammatico legato all'esperienza della guerra e del campo di concentramento ed alle sorti del suo paese, Roghùdi. Il soprannome di Mastro che lo ha accompagnato tutta la vita si deve alla professione artigiana di muratore. Musicista e raffinato cantante della tradizionale traguda sulla ciramedda, Mastr'Angelo è rimasto sino all'ultimo un mite ma deciso testimone della grecità calabrese.

Calabria dìkimu ti ìsso addimonimèni
andi Europa ìsso cipùri
athìsse mia forà kàtha domàdi
ciòla to chùma èkanne addùri
ma i àthropi ti èchome sti Roma
se afìkai na pethànnise àsce pìna
Ecìtte apàno kanè se canunài
iatì èchusi iomàti ti cilìa.
Ciuma pos ène ènan àthropo palèo
ti èrkete kanè ti se asciunnài
An èchise pìna sire tin currìa
ti èrkete i òra ti o ìlgio èchi na pettòi
Pis èkame zimìa èchi na clèi
iatì ciòla o Christò mas afudài
Calabria mia che sei dimenticata
d'Europa eri il giardino
fiorivi una volta a settimana
anche la terra profumava
ma quelli che abbiamo a Roma
ti hanno lasciata morire di fame
Di là sopra nessuno ti guarda
che hanno già la pancia piena
dormi come fa un vecchio
perché nessuno verrà a svegliarti
Se avrai fame stringi la cinghia
che arriva l'ora quando il sole dovrà levarsi
chi avrà fatto danni dovrà piangere
perché anche Cristo ci aiuterà
.

Agostino Siviglia (Chorìo di Roghudi 1934)
Simile al fratello Carmelo, anch'egli poeta popolare, nell'orgogliosa difesa della cultura d'appartenenza, Agostino Siviglia rappresenta una sincera voce di nostalgia per un cosmo arcaico infranto dalla "deportazione" degli abitanti di Roghudi e di Chorìo nel nuovo sito nei pressi di Melito.

Ghorìo dicòmmu
pos eienàstise palèo
glossa dichìmu
plèo den tragudào
Thorò to spìti
ti einasti palèo
ciòla t'ambeli
ti eienàsti ghierondàro.
Condoferro apìsso
ce clònda pào jatì
tin màna den eho plèo.
Ce essà filisa, paracalò
mi fighite appòde ando horìo
Mathete tin glossa ton pedìo
jatì imme palèo ce egò pào.
Paese mio
come ti sei fatto vecchio
lingua mia
più non canto
Vedo la casa
ch'è diventata vecchia
la vigna pure
che s'è appassita
Ritorno indietro
e vado piangendo perché
la mamma non ho più
E voi amici, per favore
non fuggite il mio paese
Insegnate la lingua ai bambini
ch'io sono vecchio e passato oramai

 

Salvino Nucera (Chorìo di Roghudi 1953)
A Salvino Nucera si deve un innovativo ampliamento degli orizzonti compositivi con un percorso che tenta di coniugare una lingua molto arcaica, dall'aspro e, talvolta, ristretto bagaglio lessicale con nuove esigenze espressive. Nascono così alcune raccolte poetiche come Agapao na graspo(Amo scrivere) ed il più recente Chimàrri (Rivoli). Sempre a Salvino Nucera si deve il primo romanzo in greco di Calabria Chalonero. Struggente la lirica che segue sull'addio estremo.

Irthe i ora
na choristò, fili
Tipote daclia.
Mi arotate pu pao:

den to scero.
Den perro tipote methemu

Afinno ston kerò
ta onira charratimena.
I agapi ja ti zoì

manachì meni.
Pucambù vjenni
en'asteri lamburistò
E’ giunta l’ora
del commiato, amici.
Nessuna lacrima
Non chiedete dove andrò:
non lo so.
Non porterò nulla con me.
Lascerò al tempo
sogni dispersi.
L’amore per la vita
solo rimane.
Da qualche parte spunterà
una stella lucente.

 

Di taglio marcatamente letterario ed in un'ambito di sperimentazione la collaborazione con il non ellenofono Ettore Castagna che ha sortito il particolare percorso di Sette Canzoni Orientali dal quale proponiamo una lirica sul tema della lontananza e del contraddittorio rapporto con la terra d'appartenenza.

Middalo pricìo ene to chumama
den to scerome na ghirìzome to addismònima
Addazi culùri i arghidda tu kerù
asce màstora cosmico ftiamèni
Middalo glicìo ene to chumama
ena mmeli ti thorùme stin imera
Icòne ti den nnorìzonde èchusi t'astra
mènume crimmèni sce merìe macrìe

La nostra terra è una mandorla amara
senza saperlo ne cerchiamo l'oblio
Muta colore l'argilla del tempo
tornita da un vasaio cosmico
La nostra terra è una mandorla dolce
un miele che ritroviamo nel giorno
Le stelle hanno disegni inconoscibili
rimaniamo acquattati in luoghi lontani

Cosa leggere sulla lingua greca di Calabria:

- A. Karanastasis, Istoricòn lexicòn ton ellenicòn idiomàton tis catoitalias, 5 vols, 1984-1992
- G. Rohlfs, Lexicon Graecanicum Italiae Inferioris, Tubingen, 1964
- G. Rohlfs, Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, Ravenna, 1974.
- E.Brighenti, Dizionario Greco Moderno Italiano, Milano, 1927.
- G. Rossi-Taibbi, G. Caracausi, Testi Neogreci di Calabria, Palermo , 1959
- B. Spano Grecità bizantina (…), Pisa , 1960
- R. Browning, Medieval and Modern Greek, Hutchinson and Co. (Publishers) Ltd, London, Great Britain, 1969.
- G. A. Crupi, La glossa di Bova, Roma, 1980
- N. Andriotis, Etimologhicò lexicò tis kinìs neoellenikis, Thessaloniki, 1983
- F. Mosino, Storia Linguistica della Calabria, Cosenza, 1987
- F. Condemi, Grammatica Grecanica, Reggio C.,1987
- D. Minuto, La quercia greca, Reggio C. 1974
- D. Minuto, S. Nucera, M. Zavattieri, Dialoghi Greci di Calabria, Reggio Calabria, 1988
- Tegopoulos Fytrakis, Ellenico Lexico, Athena, 1993
- N. Kontosopoulos, Dialectoi kai Idiomata tis Neas Ellenikis, Athens, 1994
- A. Casile, D. Fiorenza, Ellenofoni di Calabria, Bova M., 1994
- F. Mosino, Dal greco antico al greco moderno, Reggio Calabria, 1995
- M. Katsoyannou, Le parler grico de Galliciano (Italie): description d'une langue en voie de disparition, These de Doctorat, Paris VII, 1995.
- F. Montanari, Vocabolario della lingua greca, Torino, 1995
- Council of Europe, Report: A Programme of Case Studies Concerning the Inclusion of Minorities as Factors of Cultural Policy and Action, Council for Cultural Co-opration (CDCC), Strasbourg, 1996
- F. Violi, Lessico grecanico-italiano-grecanico, Bova, 2001

Cosa leggere sulla poesia e letteratura greca di Calabria:

Oltre alle opere edite dei singoli autori citati, per una "visione d'insieme", l'unica iniziativa antologica di un certo rilievo sulla poesia greco-calabra è:

La poesìa ellenofona contemporanea nell'Italia del Sud, a cura di Voula Lambropoulou, Salonicco, 1997.

Segnaliamo inoltre:

F. Violi, Storia della Letteratura grecanica, Reggio Calabria, 2000

In Internet:

A cura di Sara Minuto, molto interessante anche per gli esempi sonori il sito dell'Università di Patrasso, Graecanic Lexicon sugli ellenofoni di Calabria e di Puglia: www.wcl2.ee.upatras.gr/Project/Grec/index.html