TRADIZIONI GASTRONOMICHE
Il ciclo delle feste pasquali che comprende il periodo che va dalla Domenica delle Palme al Lunedì di Pasqua incluso, presenta, nei paesi arbërëshe, forme e colori che danno un carattere pittoresco alla festività senza alterare le linee fondamentali e il primitivo carattere. Una delle tradizioni che si ripete da secoli, diffusamente in tutta l'Arbëria, è la presenza dell'uovo come motivo tradizionale del periodo pasquale. Fin dai tempi antichi l'uovo costituì un elemento misterioso, e, come tale, fu al centro di pratiche magiche e superstiziose, pretesto di giuochi, dono beneaugurante, motivo decorativo delle mense. La presenza dell'uovo, durante la Settimana Santa è connessa con quei canti di circostanza che si usano in occasione di feste periodiche e che svolgono, per lo più, il motivo di auguri e richieste di donazioni. Poiché il donare è un'azione propiziatoria, il popolo raramente si esime dal corrispondere il donativo richiesto. In molte comunità arbëreshe, la questua delle uova avviene nella Settimana di Quaresima (Java e Laxarit); una compagnia di giovani va di casa in casa intonando un canto che narra il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Il canto rivolge, insieme alla richiesta del dono, omaggi ed auguri a coloro che hanno largamente provveduto di uova il capace canestro. L'uovo è presente, nelle tradizioni popolari della Pasqua, non solo come elemento decorativo a sé stante, ma ancbe come motivo decorativo dei dolci che vengono preparati in occasione di tale solennità, conferendo ad essi una linea di semplice grazia, espressione della vita elementare della gente umile. |
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Ricco di tradizioni popolari è il Natale presso gli albanesi d'Italia: si rivivono per l'occasione antiche usanze tramandate da secoli. Tutti attendono i rintocchi delle campane che annunciano la messa di mezzanotte. Le tradizioni culinarie vengono rispolverate, rivelando spesso una ricchezza di specialità altrimenti insospettabile, mettendo a dura prova la valentia gastronomica delle donne pur in un rito che si ripete da centinaia di anni. Tutti partecipano alla cena, anzi alla notte delle "tredici cose", che sta a significare un banchetto con almeno tredici pietanze, sia pure soltanto sotto l'aspetto simbolico. Le pietanze d'obbligo, sono comunque, quelle tipiche, e cioè "fillilet"; lavorati precedentemente col ferro di calza in modo da poter accogliere, nel proprio pertugio, il denso sugo di castrato, irrobustito dal demoniaco peperoncino (diavulliq) e rifinito da una nevicata di peperoncino; "rrashkatjelet, dromësat, shtridhëlat" sono altre paste fatte in casa. Si continua coi secondi: il capretto tenero e selvaggio viene arrostito assieme a patate o altri legumi, pronto a nobilitarsi, sotto un velo di pecorino e pangrattato gratinati; "ngjalë" (anguille), "bakalla" (baccalà). L'epilogo dell'abbuffata vede un trimpudio di dolci dai sapori forti e decisi: turdilet, petullat, qenullilet, krispelet, kanaritulat, krustulit, kanalletat, skallilet, frutto di felice connubio fra miele (o mosto cotto), frutta secca, farina, uova. Uno dei momenti più attesi del periodo natalizio presso le comunità albanesi della zona del Pollino, è quello della preparazionc dei dolci tipici: petullat o krispelet, morbide frittelle a forma di ciambella, ottenute con pasta lievitata fritte in abbondante olio; kanarikullat, una sorta di cannoli di pasta sfoglia impastata col vino, fritti e poi cosparsi di miele; xhurxhullet o xhurxhullinat, una specie di torrone ottenuto da un impasto di miele, semi di sesamo e mandorle; bukunotet, ripieni di marmellata, di mostarda o di ricotta; kanaletet, a base di farina e uova e la forma di scaletta, dopo la cottura viene spolverato con zucchero; krustulit, a forma di enormi gnocchi, preparati come le kanallete, ma vengono, infine bagnati sul miele. |
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